La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20389 depositata il 28/09/2020, ha ribadito che la crisi aziendale dovuta ad una sfavorevole congiuntura economica del tutto esterna al contribuente, con conseguente carenza di liquidità e impossibilità di assolvere all’obbligazione tributaria, non è di per se sufficiente a integrare una causa di forza maggiore ex articolo 6, comma 5, D.Lgs 472/1997 ed evitare il pagamento delle sanzioni per l’omesso versamento di tributi.
Nel caso di specie, una società a partecipazione pubblica, che erogava il servizio di raccolta rifiuti nei confronti degli Enti locali (soci), a causa dei ritardati pagamenti dei soci stessi si è venuta a trovare in crisi di liquidità, non riuscendo a pagare i tributi dovuti, con conseguente applicazione delle relative sanzioni.
La società non riteneva dovute le sanzioni applicate per il mancato pagamento dei tributi, considerata la crisi di liquidità causata da condizioni esterne, ovvero il mancato pagamento delle prestazioni da parte dei soci, ritenendo tale condizione una causa di forza maggiore ex articolo 6, comma 5, D.Lgs 472/1997.
La tesi della società è stata accolta sia in 1° che in 2° grado. I giudici di merito hanno evidenziato che in materia tributaria l’applicazione delle sanzioni presuppone che l’inadempimento dell’obbligazione tributaria sia colposo e, nel caso di specie, la società aveva posto in essere le dovute procedure per il recupero dei crediti vantati nei confronti dei soci, intraprendendo azioni giudiziali ed extragiudiziali.
La Corte di Cassazione nell’ordinanza in esame, richiamando i principi espressi dalla Corte di Giustizia UE, ha evidenziato che la nozione di forza maggiore non si limita all’impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali ed imprevedibili o improbabili (elemento oggettivo), indipendenti dall’operatore, e le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate con l’adozione di tutte le precauzioni del caso senza incorrere in sacrifici eccessivi (elemento soggettivo).
La sola carenza di liquidità dovuta al mancato pagamento dei servizi prestati da parte dei soci non è di per sé sufficiente a integrare una causa di forza maggiore ex articolo 6, comma 5, D.Lgs 472/1997.
Nella fattispecie prospettata, sarebbe stato necessario l’intervento dei soci e, in mancanza, modificare o interrompere la gestione caratteristica, ovvero ricorrere a operazioni straordinarie o, persino, ricorrere ad una procedura di crisi e l’adozione di un opportuno piano di risanamento.
La mancata crisi di liquidità – viene inoltre evidenziato – non può rappresentare un evento imprevedibile ed inevitabile, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate con l’adozione di tutte le precauzioni del caso, come ad esempio degli opportuni accantonamenti.
Per tali ragioni la Suprema Corte ha confermato l’applicazione delle sanzioni per l’omesso versamento di tributi.
Particolari osservazioni possono essere effettuate per la crisi di liquidità causata dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, che ha comportato l’impossibilità per molti contribuenti di rispettare le scadenze fiscali per i versamenti.
In tali casi, sembrerebbe possibile, in alcune situazioni e con adeguati elementi probatori, invocare la causa di forza maggiore ex articolo 6, comma 5, D.Lgs 472/1997 ed evitare il pagamento delle sanzioni per l’omesso versamento di tributi.
Sarà necessario, tuttavia, fornire i necessari elementi probatori, ossia la mancanza di liquidità ed evidenziare il nesso causale tra liquidità e situazione epidemica, specificando episodi, fatti e soggetti.
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